Acrib contro gli associati dei “laboratori schiavisti”

STRA. Ora anche l’Associazione calzaturieri del Brenta (Acrib) si muove e il presidente Siro Badon promette «pulizia e pugno duro» contro gli iscritti scoperti a utilizzare i laboratori clandestini cinesi a Stra e Fossò. In quei laboratori sono stati scoperti ben 31 lavoranti in nero. Una vera e propria piaga nel comparto della calzatura in Riviera e che i sindacati, soprattutto la Filctem Cgil, ha sempre denunciato con estrema durezza istituendo anche un numero verde per segnalare le aziende che si servono dei laboratori clandestini. La Filctem ha inoltre chiesto che Acrib proceda all’espulsione delle aziende coinvolte anche se si trattasse di grandi marchi o aziende che lavorano per questi.
«Esprimo un plauso alla guardia di finanza», dice Siro Badon, «che ancora una volta ha svolto un ottimo lavoro nello stanare laboratori irregolari che danneggiano l’immagine del distretto calzaturiero della Riviera del Brenta e gettano discredito ai calzaturifici che operano nella legalità. Per noi è importante che le istituzioni mantengano alta l’attenzione su situazioni poco chiare che creano concorrenza sleale. Per quanto riguarda le aziende committenti, quando si conosceranno i nomi e se appartenenti al sistema Acrib, porteremo il caso ai competenti organi associativi per le opportune valutazioni. Diverso invece il caso dei tomaifici che non sono iscritti alla nostra associazione».
Badon però difende la qualità del prodotto della Riviera del Brenta che dà lavoro con 800 aziende a 11 mila dipendenti: «Difendiamo una qualità del lavoro che viene riconosciuta in tutto il mondo e il nostro intento è di continuare, insieme a tutti i soggetti presenti nel territorio, ad elevare ulteriormente la qualità e l’eticità dei nostri prodotti».
Sindacati e istituzioni, però, attendono da Acrib l’individuazione di un ente certificatore ad accordi per la realizzazione del Marchio “Made in Riviera” stipulato ad aprile scorso. Sulla vicenda interviene anche Alfeo Babato referente di Federconsumatori della Riviera e del Miranese che si dice pronto a dare il via ad una campagna: «I consumatori hanno diritto di sapere se le loro scarpe sono fatte interamente dalle maestranze rivierasche o invece se intere parti sono fatte da ditte cinesi. Sulla scatola quando si acquista la scarpa dovrebbe essere scritto tutto. Ometterlo è un raggiro».
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