Accusati di stupro e assolti il pm pronto a ricorrere

San Stino. Il magistrato aspetta le motivazioni della sentenza prima dell’appello I tre ragazzi erano stati denunciati da un’amica per violenza sessuale di gruppo
Di Giorgio Cecchetti
INTERPRESS/TAGLIAPIETRA. PIAZZALE ROMA, GARAGE VENEZIA.
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SAN STINO. Il pubblico ministero di Venezia Massimo Michelozzi ha tutta l’intenzione di ricorrere in appello contro la sentenza che due giorni fa ha assolto i tre ragazzi di San Stino dall’accusa di violenza sessuale di gruppo. Il condizionale, per ora, comunque, è d’obbligo perché il rappresentante della Procura attende le motivazioni che hanno spinto i tre giudici del Tribunale presieduti da Irene Casol a dichiarare gli imputati innocenti perché il fatto non sussiste. Prima di affermare con certezza che chiederà un nuovo processo, però, il pm vuole leggere la sentenza che i giudici del Tribunale si sono dati due mesi per stilare e depositare. Vista la formula scelta, è presumibile che i tre magistrati abbiano accolto le tesi della difesa, rappresentata dall’avvocato Renzo Fogliata.

Il legale veneziano si è battuto per dimostrare non tanto che i fatti riferiti dalla ragazza, che all’epoca aveva 19 anni, non sono accaduti, bensì che non via sia stata alcuna violenza. Insomma, la giovane avrebbe accettato o, meglio, sarebbe stata lei a iniziare a stuzzicare i tre amici mentre in auto rientravano da Jesolo, dove avevano partecipato ad un motoraduno. I quattro si conoscevano bene e si frequentavano da tempo.

Il rappresentante dell’accusa aveva chiesto una condanna a sette anni di reclusione ciascuno per i tre giovani, una condanna pesante, ma visto il grave reato contestato il pubblico ministero non aveva grandi alternative. La tesi che durante il loro interrogatorio gli imputati avevano esposto era che non solo la loro amica, sarebbe stata consenziente ad avere rapporti sessuali con loro tre, ma addirittura sarebbe stata lei a proporsi, quando erano nell’auto di ritorno da una serata a Jesolo. I fatti sarebbero accaduti la sera del 30 maggio 2010: i tre ragazzi e la loro amica stavano tornando a San Stino. Stando alle accuse iniziali, approfittando del fatto che anche la ragazza non sarebbe stata del tutto lucida, i tre le avrebbero usato violenza a turno. Per giorni lei era rimasta sotto choc, senza trovare il coraggio di denunciare l’accaduto. Poi si era confidata con alcune amiche e solo allora e grazie all'intervento di queste ultime si era convinta a presentarsi ai carabinieri. Ai quali aveva poi riferito tutto, compresa l'identità dei tre che l'avrebbero violentata.

Per il pubblico ministero, oltre al racconto della ragazza, a «incastrare» i tre imputati sarebbe stata anche la consulenza disposta sui loro telefonini, che i militari dell’Arma di Portogruaro avevano sequestrato durante la perquisizione, scattate dopo la denuncia, nelle loro abitazioni. I tre amici, infatti, dopo quello che era accaduto si sarebbero scambiati numerosi messaggi, di fatto confermando l’aggressione sessuale di quella sera.

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