Accoltellò la moglie davanti ai figli il marito condannato a sette anni
CAVARZERE. Sette anni di reclusione per il tentato omicidio della moglie, accoltellata sotto gli occhi dei figli (un fendente ha trafitto la donna a un polmone), e inseguendola poi per strada, a Cavarzere.
A tanto, ieri, il giudice per le udienze preliminare Alberto Scaramuzza ha condannato Jacupi Quemal, albanese, 51 anni: l’uomo ha potuto usufruire dello sconto di un terzo della pena garantito dal rito abbreviato: una concessione del codice, in cambio di un processo basato sugli atti già a fascicolo e, dunque, più rapido, rispetto a un processo con rito ordinario davanti a un collegio di giudici. Il pubblico ministero Laura Cameli aveva chiesto una condanna lievemente più pesante, a 8 anni di reclusione. Il marito violento, comunque, è in carcere dal giorno dell’aggressione - l’8 marzo di quest’anno - a Santa Maria Maggiore resta, dal momento che non può certo usufruire degli arresti domiciliari nella casa di famiglia, anche se la moglie non si è costituita parte civile al processo.
Resta l’impianto accusatorio: quel giorno, Quemal ha cercato di uccidere la moglie.
Le cronache hanno inizio alle 20 dell’8 marzo, con la donna che corre per strada, urlando, in fuga da casa. Subito dietro di lei, il marito, Jacupi Quemal, armato di un coltellaccio da cucina: in preda alla furia. L’inseguimento violento ha come scenario via Pescheria, appena al di fuori di uno dei bar storici del paese e proprio di fronte al Duomo. La donna è ferita al petto, chiede aiuto, gridando e grondando sangue: a salvarla è stato l’intervento casuale di alcuni passanti, che hanno dato l’allarme, lanciando a loro volta grida. L’uomo ha così gettato a terra il coltello, cominciando a vagare per il paese, senza una meta apparente. Sul posto erano arrivati in pochi minuti un’ambulanza del Suem 118 - che ha soccorso la donna - e i carabinieri, che hanno arrestato Quemal per tentato omicidio. Per giorni l’imputato è rimasto in stato confusionale.
Secondo la ricostruzione dei fatti, tutto era iniziato pochi minuti prima, in un appartamento al primo piano del civico 16, che si affaccia sulla via tramite una stretta porticina, quasi soffocata tra le vetrate dei negozi al piano terra.
Quell'appartamento è la casa di una famiglia albanese: il marito, cinquantenne, la moglie e due figli, un ragazzo diciottenne e una ragazza. Il litigio tra i genitori è scoppiato all'improvviso, per "futili motivi". Già in casa il litigio era degenerato in aggressione e violenza: la donna era stata accoltellata e salvata da peggiori conseguenze solo dall'intervento del figlio più grande che, in questo slancio generoso, ha ricevuto pure lui una piccola ferita da taglio. Ma la sua intromissione è bastata alla donna per riuscire a prendere la via delle scale e scappare in strada. (r.d.r.-d.d.)
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