Accade a Mirano: «Grazie, respiro con i polmoni di tuo figlio: lui è con me»
MIRANO. Giovanni respira ancora. La mamma, Francesca Marsili, ora ne ha la certezza. Lo ha sentito dalle prime parole di una telefonata, giovedì sera: «Ciao Francesca». Dall’altro capo del telefono c’era Giuseppe, un uomo di Taranto, che vive grazie ai polmoni di Giovanni, mancato il 31 ottobre di tre anni fa, appena diciottenne. Una tragedia immane, dalla quale tuttavia la famiglia ha cercato di uscire attraverso la solidarietà. Nessuno poteva restituire ai suoi cari Giovanni, ma i suoi organi, grazie alla donazione, hanno continuato a vivere in altre persone, salvandole e ridando speranza ad altre famiglie.
Nelle ore successive alla sua morte infatti, Giovanni aveva donato reni, fegato, polmoni, bulbi oculari, tessuti, valvole cardiache. Diversi i riceventi che, grazie a lui, hanno potuto riabbracciare la vita.
Da quel momento Francesca, che insegna all’istituto Musatti di Dolo, schiacciata dalla perdita del figlio, non ha mai smesso di cercarli, nonostante la legge non permetta di conoscere i nomi dei trapiantati. «Per una volta vorrei abbracciare chi ha ricevuto la vita da mio figlio», aveva confidato. La svolta dopo aver condiviso l’appello su Facebook, condividendolo con amici e amici degli amici. Un amore che ha attraversato tutta Italia, arrivando fino a Taranto, post dopo post, con il passaparola.
Giuseppe, 37 anni, ha ricevuto da Giovanni i polmoni il primo novembre 2013. I medici gli avevano dato venti giorni di vita. «Quando l’altra sera mi ha chiamato», racconta commossa Francesca, «ho subito capito. Nella sua voce, nel suo saluto, ho sentito il respiro del mio Giovanni». Giuseppe le aveva chiesto l’amicizia su Facebook il giorno prima, dopo aver letto il suo appello, poi l’ha chiamata al telefono. «Un sogno», continua Francesca, «un po’ di luce in questi anni di buio, è sorto quell’arcobaleno che mio figlio mi ha lasciato come messaggio d’amore, che ha unito cielo e terra». Giuseppe le ha raccontato di respirare grazie ai polmoni di Giovanni: «Francesca, non ho due polmoni nuovi, ho due Ferrari», ha detto. Dal giorno del trapianto, Giuseppe ha potuto vedere il mare per la prima volta e salire in bicicletta. In una parola: vivere.
«Sono felice di conoscere la persona che mi ha fatto questo immenso dono», scrive ora l’uomo su Facebook, «l’ho custodito fin da subito, tanto da sentirli miei senza alcun dubbio e sentire che ogni mio respiro è anche un suo respiro. Io e Giovanni da quel giorno siamo una cosa sola».
Francesca appare rinata: non aspetta neppure gli altri riceventi. Se arriveranno bene: «Ma», dice, «il respiro di mio figlio è la cosa più bella che potessi chiedere». Non è ancora finita però: il desiderio di Francesca era l’incontro, sentire quel respiro sulla pelle, com’era fino a tre anni fa. E incontro sarà: tra poche settimane, ad Abano, quando Giuseppe verrà a sottoporsi a nuovi esami di controllo. «Il mio Giovanni ha lasciato un vuoto incolmabile», confida Francesca, «ma presto riabbraccerò il respiro della vita. Non chiedevo altro».
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