Abuso d’ufficio e ricettazione «Processo per tre ex carabinieri»
CAORLE. «Se va avanti così perderemo il controllo di Caorle» afferma Claudio Casella, ex carabiniere trasformato in imprenditore nel settore immobiliare, parlando con l’ex comandante della stazione dei carabinieri di Caorle Ciro Dalla Zeta, poi condannato a sei anni di reclusione per falso, truffa e detenzione abusiva di armi. È una delle intercettazioni agli atti dell’indagine che nei giorni scorsi il pubblico ministero Paola Tonini ha concluso, chiedendo il rinvio a giudizio di Casella, Dalla Zeta e un altro ex carabiniere, Cristian Corvino, anche lui già condannato a un anno e due mesi per l’estesa truffa alle assicurazioni. L’udienza preliminare davanti al giudice di Venezia è già fissata per il prossimo 17 aprile: Corvino deve rispondere di sostituzione di persona e accesso abusivo nell’Archivio informatico dell’Arma dei carabinieri, assieme a Casella di concorso in rivelazione di segreto e ricettazione, abuso d’ufficio, Casella con Dalla Zeta di calunnia.
L’obiettivo era quello di screditare e far trasferire il nuovo comandante della stazione dei carabinieri di Caorle, il maresciallo Francesco Lambiase, che aveva sostituito quello precedente finito sotto inchiesta e che evidentemente impediva a Casella e Dalla Zeta di agire indisturbati nel centro balneare. Corvino, carabiniere prima in servizio a Jesolo poi a Caorle, avrebbe dato una mano al suo ex comandante. Deve rispondere di essere penetrato nel sistema informatico dell’Arma utilizzando la password del suo comandante a Jesolo, quindi in concorso con Casella gli avrebbe passato le informazioni di cui era entrato in possesso al fine di ottenere da lui in locazione un appartamento in via Dolomiti. E ancora: Corvino si sarebbe appropriato per consegnarli a Casella di un’informativa relativa ad un controllo eseguito su Casella ed altri il 3 ottobre 2009 e della segnalazione conseguente alla Procura della Repubblica; del decreto di acquisizione dei tabulati telefonici e degli atti di un’inchiesta della Procura di Trieste. Infine, Casella e Dalla Zeta avrebbero inviato alla Procura veneziana segnalazioni anonime in cui accusavano il maresciallo Lambiase e un brigadiere della stessa stazione di essersi appropriato di droga rinvenuta con i sequestri, di aver falsificato atti sul servizio mensa per nascondere un’appropriazione indebita di circa tremila euro, di aver falsificato la firma di alcuni militari i modelli di presenza alla mensa e di aver utilizzato per fini personali buoni benzina e l’auto di servizio.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia