Abbandonato alla nascita, ritrova i fratelli dopo 59 anni vissuti in comunità. Poi muore

Chioggia. La commovente storia di Cesare: una lunga ricerca e l'abbraccio con i congiunti. Ammalato, se ne è andato  in ottobre

CHIOGGIA. La gioia di abbracciare per la prima volta i propri famigliari a poche settimane dalla morte.

Un epilogo dolcissimo, e tragico allo stesso tempo, dopo 59 anni vissuti sempre in istituto, senza il calore che solo una famiglia può dare. Una storia che sembra un romanzo di Dickens quella di Cesare Gamba, chioggiotto, affetto da oligofrenia con epilessia, abbandonato dai genitori in fasce. Per lui si sono aperte subito le porte degli istituti, prima l’orfanotrofio a Venezia poi comunità specializzate a Thiene, Mogliano, Ponte di Piave e poi, finalmente, nella sua Chioggia, nella comunità alloggio “Dopo di noi” di via Boschetto. Cesare Gamba ha girato mezzo Veneto, da un istituto all’altro, senza mai provare l’esperienza della vita in famiglia. Non ha mai pronunciato la parola mamma o papà, non ha mai condiviso la tavola con i propri fratelli bisticciando per l’ultima fetta di torta. Un doppio strappo il suo, dalla famiglia di origine e dalla propria città.

Una prima cucitura è stata sistemata quattro anni fa, nel 2012, quando Cesare riuscì a tornare a Chioggia. La direzione disabilità dell’Asl 14, guidata da Loredana Boscolo, decise di far rientrare Cesare aprendo per lui le porte della comunità alloggio per disabili adulti “Dopo di noi”, aperta da pochi anni nell’ex sede della casa di riposo. A Chioggia Cesare si è integrato subito, con gli altri utenti della comunità e con gli operatori sanitari. Un gran lavoratore, instancabile, con una volontà di ferro che gli ha permesso di prevalere sulla disabilità. Si è impegnato nell’agricoltura sociale aiutando la cooperativa Terra Viva di Valli dove le persone fragili possono prendere contatto con la terra, partecipare alla semina e alla raccolta sviluppando capacità manuali inespresse. Fu proprio Cesare, una mattina sui campi, a trovare un quadrifoglio che è stato poi scelto come simbolo della cooperativa sociale.

Cesare era allegro, gioviale, amante della compagnia. Ma all’avvicinarsi delle feste, Natale, Pasqua, quell’aria scanzonata lasciava posto a uno sguardo malinconico, pieno di rimpianti. «Tutti a Natale tornano in famiglia», raccontava agli operatori, «oppure ricevono le visite dei propri cari, io invece non ho nessuno». Una confessione che non poteva lasciare insensibili gli operatori delle cooperative “Titoli minori” ed “Emmanuel” che gestiscono la comunità. Da quelle parole è iniziata una ricerca, lunga e complicata, per risalire alle origini della famiglia di Cesare e capire se esisteva qualche parente in vita e se fosse a conoscenza di quel bambino speciale abbandonato quasi 60 anni fa. La ricerca, per molti tratti anche dolorosa, ha portato frutti e sono stati rintracciati un fratello e una sorella, che abitano in altre città, che nemmeno sapevano dell’esistenza di Cesare. Sono stati contattati e hanno accettato la proposta di incontrare Cesare per quel primo abbraccio negato per 59 anni da chi ha deciso di condannarlo a una vita in un istituto.

Quell’incontro ha emozionato Cesare, i fratelli e l’intera comunità che sapeva come quel gesto andasse a colmare il vuoto di una vita intera. Un gesto sognato, atteso e assaporato fino in fondo. Dopo qualche settimana le condizioni di salute di Cesare, ammalato da tempo, si sono aggravate. Per l’ultimo saluto, il 6 ottobre nella chiesa dello Spirito Santo, accanto alla sua bara il fratello e la sorella di cui ha cercato l’amore per tutta la vita.

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