«A Venezia serve una moschea, preghiamo contro le guerre»
MESTRE. «Tutte le grandi fedi hanno un luogo di culto a Venezia, tranne noi musulmani che ci viviamo, lavoriamo e riceviamo ogni giorno decine di richieste da turisti di tutto il mondo che vorrebbero venire a pregare in questa città». Come ogni anno a dire l'ultima parola sul fischio d'inizio del mese sacro sarà la luna, ma secondo i calcoli i fedeli di Allah inizieranno il digiuno del Ramadan dell'anno 1437 lunedì alle 3.30 circa, mentre gli altri dormono. Mohamed Amin Al Ahdab, presidente della Comunità Islamica di Venezia e provincia, equilibrato e pacato, traccia il quadro della situazione, fatta di luci e ombre.
Moschea. Tra i crucci della comunità islamica locale, quello di non riuscire ad avere una moschea centrale a Venezia e di essere sempre decentrati e “precari” a rinnovo contratto. «Ogni giorno riceviamo richieste di persone che vorrebbero venire pregare, turisti che pianificano il viaggio e ancora prima di partire si informano per sapere se a Venezia c'è un posto, anche di pochi metri ma dignitoso, dove potersi raccogliere il venerdì, un gesto fondamentale per un musulmano», sottolinea Al Ahdab.
«Purtroppo non possiamo soddisfare questa richiesta, troppo lontana Marghera, troppe difficoltà in laguna. A Venezia i costi sono alti, difficile trovare un luogo adatto, servirebbe una congiuntura favorevole, un insieme di persone illuminate che appoggino l'idea, la ritengano giusta e la facilitino, un cambio di passo che rivoluzioni l'ottica del mondo verso Venezia, che in questo momento per noi è blindata: ci sono sinagoghe per i fratelli ebrei, tutti hanno il loro spazio o chiesa in uso, ortodossi, luterani, ma noi che siamo in tantissimi che lavorano, vivono e a cui si aggiungono i turisti, non riusciamo ad ottenere e trovare un luogo dove pregare lo stesso Dio, perché sfido chiunque a dire che è un Dio diverso». E ancora: «Ci auguriamo che questo scoglio sia superato, per migliorare il senso della convivenza, una lezione per far crescere agli occhi del mondo Venezia quale città internazionale».
Fratelli. «Il Ramadan è un mese di preghiera», prosegue il presidente, «è dedicato alla spiritualità. Il nostro pensiero va a chi è sfollato, a chi scappa dai bombardamenti e dalla fame, alla guerra devastante di Siria, a chi è senza aiuti, un'attualità che rende pesante il cuore: la preghiera è rivolta anche a loro perché Dio li aiuti e ci aiuti ad avere pace».
Terrore. E c'è l'ombra degli attentati, la presa di distanza cui sono sempre chiamate le comunità locali: «Noi siamo colpiti in prima persona da questi accadimenti, perché siamo cittadini come tutti gli altri e ci teniamo alla sicurezza del nostro Paese. La gente ha cominciato a capire che l'Islam non è terrorismo, che il Corano insegna amore e tolleranza, che non c'entra nulla. È solo politica e potere, e questi conflitti geopolitici si combattono ovunque, perché l'Is è una malattia internazionale».
Ramadan. Nei centri culturali e nelle sale in affitto sono pronti i ciclostilati con gli orari e le variazioni degli orari di digiuno. Per tutto il mese in cui fu rivelato il Corano, i musulmani dovranno astenersi dal prendere acqua, cibo e dai rapporti sessuali fino al tramonto.
Il cuore della preghiera islamica sarà il centro di Marghera, la cosiddetta Moschea della Misericordia, in via Monzani, dove ogni venerdì si ritrovano oltre mille persone. A guidare i musulmani nelle preghiere l'imam, il teologo siriano Hamad Mahamed.
In via Monzani convergono quasi 30 etnie diverse di stranieri, immigrati di prima e seconda generazione, convertiti.
Centri di preghiera. Ci si ritroverà anche in altre sale di preghiera. I fedeli di origine turca nella loro sede, i bengalesi, la comunità più numerosa, pregano a Mestre così come nella sede della Cita, sempre a Marghera. Secondo la Comunità, i fedeli di Allah tra Venezia e Mestre sono oltre 20mila, contando però anche quelli che nella nostra città vengono a lavorare. I musulmani si stanno organizzando per pianificare la cena comune di metà Ramadan e i luoghi di preghiera in vista della Id Al Fitr, la “festa dell'interruzione” che cade il primo giorno del mese di Shawwal, il decimo del calendario, che catalizza migliaia di persone e andrebbe celebrata in un luogo aperto.
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