A processo la badante accusata di furto
Toccherà al giudice veneziano Claudia Gualtieri processare la domestica della giudice Licia Marino, presidente del Tribunale penale di Pordenone ma residente a San Donà. Nei giorni scorsi il pubblico ministero lagunare Giorgio Gava ha citato a giudizio diretto la sandonatese Sonia Coldebella per furto aggravato e il processo inizierà l’8 marzo del prossimo anno. L’imputata deve rispondere di aver rubato almeno 300 mila euro tra gioielli e denaro contante, quelli della giudice e anche quelli della madre. L’avvocato Marianna De Giudici ha già avviato una causa civile nei confronti della Codebella, ottenendo il sequestro conservativo di un appartamento di sua proprietà, visto che non sembra abbia disponibilità di denaro liquido. Mentre toccherà all’avvocato Andrea Franco costituisti parte civile durante la prima udienza del processo penale.
Una brutta storia che inizia nel 2013. Con la dottoressa Marino è stato coinvolto tutto il suo nucleo familiare, letteralmente depredato da una italianissima domestica, regolarmente assunta per affrontare un difficile periodo, nel quale si erano concentrati ben tre interventi chirurgici che avevano coinvolto figlia e mamma del magistrato. L’imputata si era dimostrata disponibilissima, pronta ad aiutare, aveva anche accettato di raggiungere a Novara, dove abita, l’anziana madre della giudice. Peccato che, nel giro di un anno e mezzo, le famiglie Ferrario, ovvero la famiglia della mamma del magistrato, e Marino hanno subito ben cinque furti, tutti senza scasso, commessi a San Donà e Novara. Si era dimostrata abilissima nel gettare sospetti sugli altri, tra cui una povera badante marocchina e addirittura su un componente della famiglia. poi risultate entrambe del tutto innocenti. Aveva utilizzato i trasferimenti a Novara per completare la razzia, approfittando delle gravi infermità che affliggono una delle vittime, in sedia a rotelle, quasi sorda e gravemente malata. «È stato terribile», ha raccontato la dottoressa Marino, «le avevamo dato fiducia, ci fidavamo di lei. E lei non ha avuto alcuno scrupolo, cercando di indirizzare su altri i nostri sospetti, creando tensioni in famiglia e soprattutto approfittando della malattia di un'anziana inerme e di un momento davvero molto duro per la concomitanza di quei vari interventi chirurgici che ci avevano messo in una condizione di difficoltà con la richiesta di aiuto e assistenza. La polizia di Jesolo ci ha aiutato davvero tanto e grazie a loro siamo riusciti a scoprire cosa fosse accaduto».
Giorgio Cecchetti
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