«A Orsoni 220 mila euro, tutti fondi del Consorzio»

Maresciallo del nucleo di Polizia tributaria spiega il meccanismo di finanziamento all'ex sindaco di Venezia: «Il denaro arrivava da varie ditte ma in realtà era del Cvn di Mazzacurati»
L'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, in aula per il processo
L'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, in aula per il processo

VENEZIA. Buona parte dei soldi arrivati apparentemente in modo lecito nel conto ufficiale aperto dal mandatario elettorale dell’ex sindaco Giorgio Orsoni durante la campagna del 2010 non avrebbero potuto essere utilizzati per la propaganda elettorale perché si trattava di denaro proveniente da finanziamenti pubblici concessi al Consorzio Venezia Nuova.

Meccanismo. Lo ha spiegato in quale modo uno dei testimoni di ieri, il maresciallo del Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia Matteo Racca, che ha ascoltato centinaia di telefonate da marzo 2010 - giorni di campagna elettorale - e con i colleghi ha compiuto anche la verifica fiscale alla Cooperativa San Martino di Chioggia. Nel conto aperto in banca dal commercialista veneziano Valentino Bonechi per conto del candidato Orsoni sono arrivati 277 mila euro di cui 220, cioè il 75 per cento, da società che facevano parte del Consorzio Venezia Nuova.

Chi ha pagato. Ma il maresciallo ha spiegato che quei soldi, in realtà, non provenivano dalle casse delle varie ditte, bensì da quelle del Consorzio, che le aveva cedute alle aziende con fatture false affinché finissero a Orsoni, tutto questo per volere di Giovanni Mazzacurati. Questo il meccanismo utilizzato e spiegato ieri dal finanziere: i funzionari del Consorzio, in particolare l’ingegner Neri, autorizzano il Coveco ad emettere una fattura per un’operazione inesistente da 247 mila euro per il Consorzio, che la paga; a sua volta il Coveco gira 150 mila euro alla San Martino, che a sua volta emette una fattura fasulla, 60 mila alla Clea e altri 36 mila alla Bos.Ca dell’imprenditore lidense Nicola Falconi, il quale passa quei soldi a un’altra sua azienda, la Cam Ricerche. Quindi, la San Martino versa 50 mila euro nel conto in banca del mandatario elettorale di Orsoni, dichiarandoli; lo stesso Coveco altri 30 mila e la Cam 30.

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Bustarelle. Dei 247 mila euro partiti inizialmente dal Consorzio al candidato sindaco ne arrivano 110 mila, «gli altri 137 mila finiscono nel fondo nero generale», ha aggiunto il maresciallo: si tratta del fondo utilizzato per pagare le bustarelle a politici, generali e funzionari pubblici. Il sottufficiale della Tributaria ha aggiunto che dalle telefonate tra gli imprenditori si capisce che tutti, nei vari passaggi, sanno che quei soldi sono per il candidato sindaco Orsoni.

Ringraziamento. Non solo, uno di loro aggiunge che per quei finanziamenti l’ex sindaco di centrosinistra ha pregato di ringraziare l’ingegnere, cioè Mazzacurati. Rivelando, così, che pure lui era a conoscenza della fonte di quel denaro: non erano le ditte bensì il Consorzio.

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Il numero cancellato. Prima di lui è stato sentito il collega Marco Topatino, l’esperto informatico che ha smascherato, almeno per ora, la tesi difensiva di Orsoni per quanto riguarda i rapporti con Federico Sutto, il braccio destro di Mazzacurati. Aveva riferito in un’udienza di due mesi fa di essere andato per due volte nello studio ai Tolentini di Orsoni e di aver lasciato sulla sua scrivania due buste con complessivi 250 mila euro per la campagna elettorale, questo su indicazione dell’ex presidente del Consorzio. L’ex sindaco ha sostenuto di non aver mai parlato con Sutto e di non aver mai ricevuto danaro da lui. Ma il maresciallo Topatino ha riferito, rispondendo alle domande del pm Stefano Buccini, di aver trovato traccia nell’Ipad di Orsoni del nome e del numero di cellulare di Sutto, che poi sarebbe stato cancellato.

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