A 16 anni in Cina, poi l’Inghilterra «Andate a scoprire il mondo»

Carlotta Sabatini ha da poco pubblicato un romanzo sulla sua esperienza: «A scuola all’inizio mi esprimevo a gesti»

L’INTERVISTA

Carlotta Sabatini, 20 anni di Mestre, studentessa di Lingue per la comunicazione interculturale all’università di Arezzo, ha da poco pubblicato il suo libro “A 16 anni in Cina” (Leonida). La giovane, che ha frequentato il liceo linguistico Stefanini di Mestre, ha raccontato l’esperienza che l’ha portata a sedersi sui banchi del quarto anno di liceo a Ma'anshan, in Cina. Il suo invito è chiaro: «Ragazzi, rompete la timidezza e partite alla scoperta del mondo».

Nella copertina del libro c’è anche un ideogramma cinese, che vuol dire?

«Il titolo è composto dal mio nome in cinese, scritto con tre ideogrammi e poi “A 16 anni in Cina”. Ho voluto che ci fosse il mio nome cinese perché ci tenevo che fosse chiaro che la voce narrante è la me stessa sedicenne e non la me stessa odierna. Ho scritto i diari di getto in Cina e poi li ho sistemati dal punto di vista della forma ma rispettandone la sostanza. Il primo ideogramma è il cognome della famiglia che mi ha ospitato, mentre gli altri due significano libertà e musica. Il libro l’anno scorso ha ottenuto una menzione speciale della giuria della sezione inediti del premio Casentino di Arezzo e a febbraio è stato pubblicato da Leonida».

È un romanzo?

«Sì, è un romanzo, scritto sotto forma di diario. Accanto alla mia esperienza scolastica cinese c’è la descrizione di un mondo così lontano dal nostro, visto dagli occhi di una sedicenne. Volevo fissare i miei ricordi ma anche rispondere ai quesiti sulla Cina che sapevo mi avrebbero posto».

Perchè ha scelto la Cina?

«Perché credevo che avrebbe potuto darmi tantissimo a livello di apertura mentale oltre che come esperienza scolastica. I miei genitori hanno accettato la mia scelta e mi hanno assecondata».

Prima di partire cosa sapeva della Cina?

«Niente. La lingua non la conoscevo, quindi, a scuola ho iniziato a parlare a gesti. Poi, ho cominciato portarmi a casa due o tre parole al giorno e gradualmente mi sono formata un mio piccolo vocabolario. Dopo cinque mesi ho cominciato a destreggiarmi bene e alla fine ho ottenuto la certificazione C2 dell’apprendimento del cinese che è il livello più alto».

Come si è trovata con i suoi compagni cinesi?

«Bene. All’inizio ti venerano perché per loro avere contatti con un’occidentale è davvero qualcosa di eccezionale».

Ha sentito la sua famiglia cinese nel periodo della quarantena?

«Mia mamma cinese mi ha scritto ogni settimana per dirmi di fare attenzione».

È rimasto un legame importante con la Cina?

«Sì. L’anno scorso, ho insegnato italiano in una scuola cinese per due mesi che mi ha proposto di stilare un libro di grammatica italiana di base per studenti cinesi. È probabile che nel mio futuro ci sarà ancora la Cina».

Riprenderà ora la voglia di fare esperienze di studio all’estero?

«L’associazione Intercultura, con cui sono partita, sta riprendendo a mandare all’estero i ragazzi con tutte le precauzioni del caso e con un’accurata selezione dei paesi stranieri. Gli studenti che avevano programmato l’Erasmus e che sono stati bloccati nel periodo della quarantena, ora stanno partendo e d’altronde anche in Italia riprenderanno le lezioni in presenza a ottobre».

Lei quando tornerà all’estero?

«Non lo so: sono rientrata dall’Erasmus in Inghilterra ad aprile. Ho studiato all’università di Birmingham».

Com’è stata la gestione dell’emergenza lì?

«Non c’è stata. La mia università è rimasta aperta, sino a metà marzo. La chiusura è arrivata tardi considerando che c’erano già stato gli esempi di Cina e Italia». —



© RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:viaggiscuola

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia